"E come l’aere, quand’è ben pïorno,-
per l’altrui raggio che ‘n sé si reflette,
di diversi color diventa addorno."
[Pur XXV (91-93)]
Dante
Alighieri pone molta attenzione all'interno della Divina Commedia ai
fenomeni naturali e alle molteplici manifestazioni della luce.
L'arcobaleno rientra tra questi ultimi, e viene descritto nel Purgatorio, canto XXV, versi 91-93. Per il poeta "l’arcobaleno appare allorché la luce del sole (l’altrui raggio) si
riflette nell’aria (in sé si riflette) quando essa è densa di umidità
(ben pïorno)".
Sempre nel Purgatorio:
"Come quando da l’acqua o da lo specchio
salta lo raggio a l’opposita parte,
salendo su per lo modo parecchio
a quel che scende, e tanto si diparte
dal cader de la pietra in igual tratta,
sì come mostra esperïenza e arte;"
[Pur XV (16-21)]
salta lo raggio a l’opposita parte,
salendo su per lo modo parecchio
a quel che scende, e tanto si diparte
dal cader de la pietra in igual tratta,
sì come mostra esperïenza e arte;"
[Pur XV (16-21)]
Si tratta di una descrizione accurata di quella che oggi chiamiamo
“legge della riflessione”: il raggio riflesso viene deviato rispetto
alla verticale (dal cader de la pietra) di un angolo che è pari
all’angolo di incidenza.
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